Massoneria e ‘Ndrangheta: storia di una collusione certa e documentata
-di Davide Consonni-
1) PREMESSA
I motivi che ci portano a pubblicare tale scritto sono molteplici. Basti considerare che il web italiano [e a maggior ragione quello straniero] è privo di un resoconto più o meno dettagliato dei rapporti documentati intercorsi tra la setta massonica italiana e ‘ndrangheta calabrese, tale considerazione basterebbe di per sé a motivare la fatica dello scrivere queste pagine misere per tentare di colmare molto parzialmente, e per alcuni indegnamente, quel vuoto. Allargando la considerazione al fatto che perfino il variegato mondo dell’editoria italiana si è ben guardato dall’editare testi che trattano l’argomento sia in modo esclusivo che parziale, con ovvie eccezione più uniche che rare, tale scritto ci sembra essere maggiormente necessario. Come terza considerazione circa i motivi che ci hanno spinto a scrivere si può evidenziare la ritrita nonché nauseabonda e consueta retorica con cui i massimi esponenti del Grande Oriente d’Italia si ostinano a negare qualsiasi interconnessione, documentata da decine di inchieste, tra logge massoniche ed esponenti delle cosche calabresi.
Nel caso specifico di questi giorni ci si riferisce alla pubblicazione di un video in cui degli ndranghetisti santisti celebrano, in quel di Lecco, una iniziazione ad un minorenne dal sapore prettamente massonico. Ovviamente un’alta carica della setta massonica del Grande Oriente d’Italia , l’arcinoto Grande Oratore Bonvecchio, è corsa immediatamente a spegnere l’incendio appiccato da chi si è legittimamente domandato cosa ci azzeccano i nomi di tre massoni presenti in un rito iniziatico di una ‘ndrina calabrese. Tale fatto lo spiegheremo lungamente, smentendo in modo categorico chi, rispettando vari giuramenti massonici di segretezza, nega in modo perentorio e tassativo la presenza sincretica di riferimenti alla ritualità massonica all’interno del rituale iniziatico alla Santa. Un’ultima considerazione pare doverosa in merito alle fonti che qui si utilizzeranno. E’ inutile negare che le persone che in Italia hanno scritto e parlato, al di fuori di sedi processuali, di intrecci documentati tra cosche e logge sono principalmente due: Nicola Gratteri, sostituto procuratore di Reggio Calabria che a lungo ha indagato le cosche, saggista e autore di testi d’inchiesta e mediaticamente protagonista di interviste contenute in un documentario intitolato “La Santa”; e Vicenzo Macrì, sostituto procuratore direzione nazionale antimafia, autore di un libro celebre che tratta parzialmente l’argomento, “Australian Andrangheta”, anch’egli presente nelle vesti di intervistato nel documentario “La Santa”. Utilizzeremo principalmente queste due fonti.
2) STORIOGRAFIA IN PILLOLE
“Ciò che avvenne in quegli anni fu un cambiamento epocale. E’ stato Mommo Piromalli [Capobastone della ‘ndrangheta calabrese e capo dell’omonima cosca, ha controllato la zona di Gioia Tauro e le zone circostanti dagli anni cinquanta agli anni settanta; N.d.A.] assieme ai De Stefano a definire le nuove strategie della ‘ndrangheta,cioè l’idea di andare oltre “la società dello sgarro” e di entare in quella zona grigia, rappresentata dalla massoneria, nella quale era possibile incontrare magistrati, poliziotti, politici, avvocati e commercialisti; venne così creata un’anclave all’interno della ‘ndrangheta, detta Santa, composta da 33persone, alle quali era permesso affiliarsi a logge coperte della massoneria” [1].
“La santa è lo spartiacque tra la vecchia e La nuova ndrangheta, perché la santa consentiva due novità: ogni locale di ndrangheta poteva avere un santista [veniva riconosciuto da una croce di pochi millimetri incisa con lama su spalla destra; l’andrangheta ha avuto quindi la possibilità di entrare nei quadri del potere, di sedersi a questo tavolo, e non di accontentarsi di stare all’esterno, accontentarsi dell’appalto, ma, si è seduta al tavolo decisionale, cioè, discutere se l’opera dovesse essere fatta o meno, chi doveva vincere l’appalto, era entrata nella stanza dei bottoni”[2].
“Attraverso la santa la mafia e l’andrangheta entrano in rapporto con la massoneria, entra nelle logge e quindi partecipa al potere, questo serve per aggiustare i processi, per avere gli appalti, per avere rapporti politici di tipo alto, questo serve anche per entrare nelle amministrazioni comunali. E’ il primo fenomeno criminale italiano che veramente ha realizzato la globalizzazione, è presente su tutti e cinque i continenti, è una potenza politica economica e militare che supera quella di ogni altra consorteria criminale, la santa trasforma l’ndrangheta da fenomeno criminale locale a holding finanziaria internazionale i cui uomini girano il mondo ma pur sempre mantenendo le tradizioni, i linguaggi e i codici; l’appartenenza alla santa consentiva per espressa previsione statutaria di entrare in contatto con l’esterno: con gli imprenditori, i politici, rappresentanti di istituzioni, ma soprattutto consentiva di entrare nelle logge massoniche, se andiamo a vedere infatti le formule di giuramento, lo statuto della santa, ci rendiamo conto che è molto simile a quello della massoneria ” [3].
Qui di seguito propongo la visione del documentario “La Santa: viaggio nella ‘ndrangheta nascosta”, nel quale sono presenti due illuminanti interviste di Nicola Gratteri e Vincenzo Macrì in merito ai rapporti tra massoneria e ‘ndrangheta calabrese:
3) RITUALITA’, MASSONERIA E SENTENZE
Cambiarono anche i riti d’iniziazione: ai mitici cavalieri Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i vecchi antenati, subentrarono eroiche figure massoniche come Garibaldi Mazzini e La Marmora. Cito dal testo del codice di ‘ndrangheta sequestrato dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dalla Criminalpol calabrese nel giugno del 1987 nel covo del super latitante Giuseppe Chilà, quello che segue è parte del rito iniziatico, molto simile a quello filmato recentemente dalla procura milanese in quel di Lecco:
“A nome di Garibaldi, Mazzini, La Marmora formo la società Santa che è presieduta da tre persone: Garibaldi al centro, Mazzini a destra e La Marmora a sinistra fanno entrare il nuovo affiliato, gli chiedono di cosa va in cerca, gli risponde che va in cerca di onore, fedeltà e sangue, gli dicono che sei un cannibale, gli risponde no, sono un raccoglitore di sangue, una vena da un fratello esce e entra nella mia. Gli pungono tre dita con un ago, il pollice l’indice e il medio e li racchiudono tra essi, gli dicono che suo padre è il sole, la madre la luna; Se prima lo conoscevo come un saggio fratello fatto e non fidelizzato, da questo momento lo conosco per un mio saggio fratello. Sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna, sformo la santa catena, nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, sformo la santa società” [4].
Quello appena citato è parte del rito iniziatico alla Santa, nonostante si tratti di documenti dell’87 si evince la quasi totale coincidenza con il rito filmato dalla procura milanese. Ora van fatte delle precisazioni fondamentali per capire per donde questo rito sia giunto nelle cosche calabresi. Il passaggio fondamentale è il seguente:
“gli dicono che suo padre è il sole, la madre la luna; Se prima lo conoscevo come un saggio fratello fatto e non fidelizzato, da questo momento lo conosco per un mio saggio fratello. Sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna, formo la santa catena, nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, formo la santa società”
Bene, qui vi son contenuti dei passaggi rituali esclusivamente tipici e identici alla ritualità iniziatica massonica.
“suo padre è il sole e sua madre è la luna”
Questo passaggio è letteralmente databile, almeno, a mille anni or sono. Queste precise parole sono una delle cifre fondamentali dell’ermetismo medievale e rinascimentale, il quale considera la mascolinità solare e il femminio lunare, tale formula si trova, unicamente, così letteralmente scritta nell’arcinota [per gli esoteristi massoni] “Tavola Smeraldina”, una tavola sapienziale che secondo i cabalisti ed ermetisti rinascimentali fu ritrovata in Egitto prima dell’era cristiana, fu tradotta dall’arabo al latino nel 1250. E’ unanimemente riconosciuto come il più celebre degli scritti imputati ad Ermete Trimegisto, in quanto contiene la cifra epistemologica con cui le filosofie occulte d’ogni tempo si sono confrontate: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso”. La tavola smeraldina apparve per la prima volta su carta stampata proprio in un testo di un noto alchimista rinascimentale, tal Johannes Patricius in De Alchemia (1541).
Giungendo ai tempi moderni non è un caso se la tavola smeraldina è uno dei punti di riferimento degli ermetisti massoni novecenteschi, basti ricordare che uno dei maggiori apologeti moderni della tavola smeraldina fu l’ermetista super massone Kremmerz, tant’è che sulla sua rivista barese “Commentarium”, nel 1910, apparve il più approfondito studio italiano a commento di tale tavola, commento ad opera di un altro super massone nostrano il conte Luciano Galleani [5]. Citiamo anche lo studio apparso nel 1950 sulla rivista Ibis, foglio propagandistico della Scuola Ermetica della Fratellanza di Miriam, [6]. In tempi recentissimi son diversi i contributi massonici mirati all’approfondimento dei segreti della tavola smeraldina, viene citata praticamente in ogni testo che tratta di ritualità massonica ed esoterismo [7]. Passiamo ora ad uno dei passaggi successivi del rito iniziatico della Santa calabrese citato sopra:
“Sotto la luce delle stelle e lo splendore della luna, formo la santa catena, nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, formo la santa società”
Queste poche parole contengono un gran numero di riferimenti alla ritualità e alla storiografia massonica, spenderemo qualche riga per spiegarci. Qualsiasi rito massonico, che sia iniziatico, che sia d’apertura o chiusura dei lavori massonici, avvenendo all’interno del tempio proprio dei massoni, avviene “sotto la luce delle stelle e della luna” in quanto la volta dei templi massonici è regolarmente e necessariamente affrescata a modo di rappresentare le costellazioni e gli astri. Durante la celebrazione dei riti massonici la dicitura più o meno letterale del: “sotto la luce delle stelle e della luna” compare diverse volte indipendentemente dalla differenza di obbedienza massonica. Passiamo oltre. Cito dal rito santista:
“formo la santa catena”
Anche qui, uno dei riti più celebri della fratellanza massonica è proprio la “catena d’unione”, un micro rito aggregativo e d’affratellamento piuttosto semplice nella sua rappresentazione fisica ma complesso nella sua concezione metaforica e simbolica: la loggia è una catena, i suoi fratelli sono gli anelli della catena, uniti e coesi ermeticamente, basta una sola frattura e la catena si spezza interrompendo l’armonia fraterna della loggia, la quale perde la sua impermeabilità verso l’esterno profano. Il segreto che chiude ermeticamente la loggia fu argomento di uno studio che pubblicammo tempo addietro, per leggerlo cliccare QUI. Per chi volesse approfondire la questione del rituale detto “catena d’unione massonica” veda nelle note i numerosi rimandi [8]. Cito di seguito:
“nel nome di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, con parole d’umiltà, formo la santa società”
Qui è fin troppo evidente il richiamo alla storiografia massonica [e carbonara]. Il Mazzini ideologo e militante carbonaro, lo stesso che intrattenne documentati rapporti con la loggia inglese “Philadelphes”, fucina rivoluzionaria composta da massoni radicali francesi ed inglesi [9]. Mazzini è una figura mitica per la cosmologia massonica italiana e non, esistono una decina di logge massoniche italiche intitolate al Mazzini, perfino l’associazione mazziniana italiana non fa mistero di essere una propaggine del fratellanza massonica.
Per quanto riguarda il ruolo del Gran Maestro massone Garibaldi, capo della setta massonica italica è tutto arcinoto e documentatissimo, ne scrivemmo diffusamente in diversi articoli, per leggerli vedere i rimandi nelle note a piè pagina [10]. La Marmora, invece, è meno noto rispetto ai primi due sciacalli del Risorgimento; meno noto nonostante ebbe un ruolo determinante, prima come ministro della guerra sotto Gioberti, poi sotto D’Azeglio e infine sotto Cavour. A 55 anni, nel 1859, è per la prima volta presidente del Consiglio per un anno.
Dal 1864 il Re lo chiama nuovamente a presiedere il governo con il triplice incarico di presidente del Consiglio, ministro della Marina e degli Affari Esteri ed è proprio sotto il mandato di La Marmora che la capitale del nuovo Regno viene trasferita a Roma. Da notare la coincidenza che vede impegnati due dei tre fratelli La Marmora nella presa di Roma (Breccia di Porta Pia 20 settembre 1870) con i bersaglieri, fondati dal fratello Alessandro Ferrero della Marmora. Sembra unanime il fatto che fosse divenuto massone, c’è chi dice addirittura maestro di una loggia, quel che è certo è che i massoni nostrani lo annoverano tra i loro confratelli più celebri [11].
Quindi, riassumendo e ricapitolando ciò che stiamo qui argomentando: è possibile e lecito ipotizzare che con la nascita della Santa [anni 1960 -70] e l’inizio dei rapporti iniziatici tra ‘Ndranghetisti e logge calabresi parte della cosmologia massonica si sia traslata all’interno della gerarchia verticistica della Santa, la quale è una cupola gerarchicamente indipendente e autonoma, è composita da 33 membri secondo alcune dichiarazioni o da 7 membri secondo altre, i riferimenti son talmente palesi ed evidenti anche solo analizzando l’aspetto di un singolo rituale iniziatico, che sembra assurdo sostenere, come fanno le eminenze del Grande Oriente d’Italia, che in tale rito non si scorga nulla di esotericamente massonico.
Bisogna considerare che dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia e di conseguenza nelle indagini di diverse procure risulta oggettivo che la Santa calabrese concesse e permise in maniera dichiarata la possibilità di affiliazione massonica per i suoi membri. Cito una dichiarazione che Filippo Barreca, capozona del quartiere di Pellaro, rilasciò ai giudici:
“nel ’79 entrai a far parte dell’elite della ‘ndrangheta, acquisendo un grado segreto [quello di santista, n.d.a] che mi permetteva di avere rapporti con la massoneria”. [12]
Anche Giacomo Lauro, altro collaboratore di giustizia, evidenza come la nascita della Santa all’interno della ‘ndrangheta fu una svolta storica:
“fino agli anni ’70, la ‘ndrangheta era subalterna alla massoneria, per la loro mediazione con le istituzioni percepivano una percentuale sugli utili. Noi delegavamo a loro i nostri interessi. Il nostro ingresso in massoneria cambiò i rapporti di forza, cominciammo a dialogare direttamente con le istituzioni, senza più bisogno di mediatori. Fu così che Paolo De Stefano, Santo Araniti, Antonio, Giuseppe e FrancescoNirta,Antonio Mammoliti, Natale Iamonte e altri entrarono in massoneria.” [13]
Per comprendere e inquadrare il ruolo elitario che la Santa svolse e svolge all’interno delle cosche calabresi sono state essenziali le rivelazioni di Francesco Forni, ex affiliato alla cosca di Siderno, che dichiarò ai giudici quanto segue:
“Sette affiliati col grado si santista possono costituire nell’ambito del locale [zona controllata n. d. a.],la società maggiore, chiamata anche “Santa”. La Santa non da alcun conto delle sue decisioni , delle sue attività, al locale di appartenenza. Nessun affiliato col grado di affiliato inferiore al santista può partecipare alle riunioni della Santa che si può quindi definire un’elite della ‘ndrangheta. Solo in pochi locali si riesce a costituire una Santa…[…]…iIl tutto ha un evidenze radice massonica e un profondo legame storico. I personaggi di riferimento dei santisti sono il Generale Alfonso La Marmora come stratega di Battaglia e il generale Giuseppe Garibaldi come combattente per la libertà e la giustizia. Il compito dei santisti non è d’azione ma di pensiero e organizzazione.” [14]
“Quando si forma la Santa la formano tre persone [Mazzini, Garibaldi e La Marmora, n.d.a.] e ci partecipano tutti i santisti di zona o città. Sul tavolo si sta un fucile o una pistola un bicchiere d’acqua e un po’ di veleno, un limone, un ago d’oro e un pugnale. I santisti hanno la facoltà di eleggere il capo santista e capo crimine. Ogni santista potrà essere leetto capo, anche se generalmente questa carica viene assegnata tenendo conto delle gerarchie. Il capo crimine ha il potere decisionale su tutti i capi santisti e su tutte le famiglie cosche santiste in Italia ed estere. In caso di diverbi e guerre il capo crimine svolge le funzioni di giudice d’omertà. Tutte lecoscherispondoal crimine. Garibaldi comanda un gruppo di 15 persone, Mazzini, il gruppo di 10, La Marmora un gruppo di 15 persone. Il santista fratellizzato ha giurato fedeltà alla Santa e ai fratelli. Il santista non potrà essere giudicato. Se sbaglia deve giudicarsi da solo. In caso di tradimento si dovrà avvelenare o suicidare. Diversamente verrà ucciso dai santisti che nel loro gruppo annoverano anche un nucleo speciale, quello degli incappucciati [si riferisce al doppio ruolo dei santisti che posso affiliarsi alla massoneria, nota di Gratteri], sicari pronti a tutto. Costoro non sempre sono santisti ma rispondono al capo Santa. Poi c’è il Vangelo, i cosiddetti vangelisti che gestiscono il crimine in tutte le loro forme. Rappresentano il sindacato di tutta l’organizzazione e hanno il controllo di tutte le ramificazioni della società segreta che opera nella vita sociale del paese e viene presieduta dal capo vangelista. Capo santista è capo incappucciato e ai vangelisti gli viene incisa una crocetta sulla spalla non sempre gli rimane la cicatrice o il segno. Come segno di riconoscimento si toccano la spalla con la mano oppure incrociano le braccia sulla fronte in segni di croce di Sant’Andrea, e come numero di riconoscimento hanno il 25, comunemente si dicono: “ho la croce d’oro”. La formano Giuseppe Giusti, Carlo Magno, Giuseppe Forma. Cognomi convenzionali e storici. I santisti si riconoscono da loro stessi con altri stringendosi il mento, come dire mi accarezzo la barba di Garibaldi. Se tra i presenti ci sta un altro santista fa lo stesso segno per far capire che non è da solo, se poi quello non è convinto gli chiede il nome dle padre, se quello gli risponde il vero nome del padre vuol dire che non è niente, diversamente deve rispondere che il padre è “il sole”. Per quanto concerne l’affiliazione di un nuovo santista si effettua attraverso un rituale diverso dal precedente, in quanto nel corso della cerimonia del giuramento di sangue si aggiunge anche il giuramento del veleno. […] Giuro sulla punta di questo pugnale di essere fedele alla società di Santa, di salvaguardarla anche a costo di tradire tutta la società criminale dame sino a ieri conosciuta, al fin di salvare i miei saggi compagni della fratellanza santista e di disconoscere tutta la settima generazione se può recare danno alla società da me oggi riconosciuta. Mentre recita questa formula al santista vengono consegnate una pastiglia di veleno e un bicchiere d’acqua che servono per suicidarsi in caso in cui dovesse yradire la Santa, in quanto pe regola sociale un santista non può essere ucciso da un altro santista. Il rito prosegue chiedendo “conoscete la famiglia dei muratori? No, all’occorrenza ce l’abbracciamo in pelle, carne e ossa giurandole fedeltà che ci verrà chiesta alla famiglia del sacro ordine dei Muratori” [15]
Coltello e Pistola = Squadra e Compasso. [illustrazione di Enzo Patti tratta da p.56 di “Osso, Mastrosso e Carcagnosso”, di Vincenzo Macrì, edito da Rubettino]
Citiamo ora, direttamente da una relazione ad opera del Dott. Boemi procuratore aggiunto della repubblica al tribunale di Reggio Calabria, diversi passaggi in cui l’evidenza oggettiva delle interconnessioni masso-mafiose risulta ancor più evidente; qui di seguito una dichiarazione del Dal Costa Gaetano, mafioso messinese che intrattenne fruttuosi contatti con i masso-mafiosi calabresi:
“Fino alla metà degli anni settanta nel reggino, la carica di “santista” non veniva riconosciuta e il grado massimo all’epoca raggiungibile era quello di “sgarrisa”. Fu Mommo PIROMALLI che, attesi gli enormi interessi che all’epoca sussistevano nella zona di Reggio Calabria (il roncone ferroviario, la centrale siderurgica e il porto di Gioia Tauro, etc.), al fine di imporre una sua maggiore autorità, e quindi di gestire direttamente la realizzazione delle opere pubbliche, si fregiò del grado di “santista” che, a suo dire, gli era stato conferito direttamente a Toronto, dove esisteva una importantissima ’ndrina. Il grado di “santa” poteva essere conferito solo a 33 persone e si poteva attribuire a nuovi soggetti solo in caso di morte di un altro “santista”.’Ntoni MACRÌ da Siderno, che era uno “sgarrista” puro e un capo ’ndrina, insieme a Mico TRIPODO (poi ucciso al carcere di Napoli) non volle riconoscere l’esistenza della “società di santa”, che definiva bastarda, anche perché tra le regole di questa nuova società era prevista quella che consentiva di tradire ed effettuare delazioni pur di tutelare un santista. Ciò portò a dei contrasti anche sanguinosi che si conclusero con l’affermazione del PIROMALLI e del suo strettissimo alleato, PaoloDE STEFANO che fu, peraltro tra i primi, unitamente a Santo ARANITI, a raggiungere il grado di santista. Poiché Mommo PIROMALLI era notoriamente massone, per qualificare e differenziare ulteriormente la società della Santa da quelle minori, lo stesso introdusse, o comunque fece conoscere, la regola secondo cui ogni componente la società di santa poteva entrare a far parte della massoneria. Quest’ultima circostanza mi venne rivelata da Peppino PIROMALLI, nel 1989, al Carcere di Palmi” [16]
Leggiamo ora le dichiarazioni Gullà Giovanni, ennesimo collaboratore di giustizia che imputa alla massoneria la rivoluzione avvenuta internamente alle cosche calabresi:
“Il grado della Santa” – dichiarò GULLÀ Giovanni – presenta una fondamentale peculiarità: è conosciuto solo ed esclusivamente alle persone che l’acquisiscono.Si creò una sorta di gruppo di mutua assistenza, nel senso che ogni situazione riguardante i santisti doveva essere risolta
all’interno della stessa.È importante sottolineare che la “Santa” rappresentò all’interno della ’Ndrangheta uno stadio “occulto”, in quanto il relativo grado, come detto, era noto soltanto agli altri “santisti” e nessun rilievo occupava all’interno delle gerarchie della ’Ndrangheta.
Per fare un esempio, se uno ’ndranghetista si presentava ad altri ’ndranghetisti di un altro locale doveva palesare il suo grado, picciotto, camorrista, sgarrista, ecc., non anche quello di santista eventualmente ricoperto, che poteva render noto solo ed esclusivamente agli altri santisti. La “Santa” si spiega nella logica della “setta segreta”: si è inteso creare una struttura di potere sconosciuta agli altri affiliati per ottenere maggiori benefici. Il santista può anche non avere forza militare, può non essere, ad esempio, un capo società; l’importante è che il “santista” abbia comunque una sua forza, ad esempio economica o politica, tale da poter apportare contributi o vantaggi in genere a tutta la struttura. Posso affermare con convinzione che la santa, come setta segreta, è l’esatto corrispondente della massoneria coperta rispetto a quella ufficiale.In questo senso mi constano rapporti interpersonali tra santisti e massoni di logge coperte e sovente i due gradi potevano cumularsi in capo
alla medesima persona. Va chiarito che l’appartenente alla ’Ndrangheta non può essere massone, ma questo vale per la ’Ndrangheta “minore” e la massoneria pubblica.Ma come ho già detto la “santa” rappresenta una struttura segreta alla stessa “’Ndrangheta” sicché per essa le regole tradizionali valgono nei limiti in cui siano compatibili con il fine mutualistico a cui ho fatto riferimento.Pertanto, se esso fine può essere soddisfatto con l’ingrasso di massoni nella struttura o viceversa, nessun ostacolo può essere frapposto” [17]
Il tutto venne confermato dalle incredibili dichiarazioni del super pentito Giacomo Ubaldo Lauro:
“È vero che al termine della prima guerra di mafia (1973-1977) molti capi della ’Ndrangheta decisero di entrare in massoneria. La storia criminale della provincia reggina si può articolare in due diversi periodi in cui si atteggiò diversamente il rapporto tra la ’Ndrangheta e la massoneria.Sino all’inizio dello scontro della metà degli anni settanta le due entità erano vicine ma la nostra organizzazione era subalterna
alla massoneria che fungeva da tramite con le Istituzioni.Già da allora comunque uomini della massoneria ricevavano un utile diretto percentualizzato, in riferimento agli affari che per conto nostro mediavano.Invero a Reggio Calabria vi era già una presenza massonica massiccia nelle Istituzioni tra i politici, imprenditori, magistrati, appartenenti alle Forze dell’Ordine e bancari, e pertanto vi era un nostro interesse diretto a mantenere un rapporto con essa. È evidente che in quel periodo eravamo costretti a delegare la gestione dei nostri interessi, con minori guadagni a personaggi molto spesso inaffidabili.A questo punto capimmo che se fossimo entrati a far parte della famiglia massonica avremmo potuto interloquire direttamente ed essere rappresentati anche nelle Istituzioni.Fu così che DESTEFANO Paolo, Santo ARANITI, Antonio, Giuseppe e Francesco NIRTA, Antonio MAMMOLITI, Natale IAMONTE, Giuseppe PIROMALLI ed altri entrarono a far parte della massoneria, e fu anche così che venne fuori l’idea di candidare alle comunali diReggio Calabria l’avv.DESTEFANO Giorgio, cugino dell’omonimo Paolo e Pietro ARANITI, cugino del più noto Santo alle regionali.In questo contesto si fecero pressioni sul Senatore Nello VINCELLI per candidare alle politiche Vico LIGATO, vicino alla famiglia DESTEFANO, e l’avv.Paolo ROMEO, con trascorsi in Alleanza Nazionale, nelle liste del Partito Socialdemocratico.Per quanto detto è evidente che le famiglie ’ndranghetistiche ebbero una rappresentanza diretta in seno alle Istituzioni ed avvalendosi del ruolo massonico gestirono con forza la cosa pubblica.La magistratura per il tramite di alcuni suoi rappresentanti assunse un ruolo di garanzia nella gestione degli interessi prima descritti.Mi risulta infatti che anche alcuni magistrati avevano aderito alla massoneria e per garantirsi, la loro adesione era all’orecchio mentre altri magistrati erano rappresentanti da fratelli regolarmente iscritti alle logge diReggio Calabria, diGioiosa e di Roccella Jonica” [18].
Molto più specifiche ed allarmanti suonarono le rivelazioni date ai magistrati da Barreca Filippo, capo zona del quartiere Pellaro:
“Con il grado di “santista” entrati a far parte dell’élite della ’Ndrangheta, acquisendo un grado segreto che mi dava la possibilità di avere rapporti con esponenti della massoneria.Devo a questo punto specificare che molti “santisti” sono massoni, tra essi certamente quelli che hanno costituito la “copiata” della mia investitura. Ritornando alla richiesta delle SS.LL.sull’esistenza o meno di una loggia segreta a ReggioCalabria intendo dichiarare quanto segue: Quando parlo di “santisti” massoni, intendo riferirmi a personaggi che costituiscono logge coperte; nella specie inCalabria esisteva, sin dal1979, una loggia massonica coperta a cui appartenevano professionisti, rappresentanti delle Istituzioni, politici e, come detto, ’ndranghetisti. Questa loggia aveva legami strettissimi con la mafia di Palermo, a cui doveva render conto. La loggia si costituì quasi contemporaneamente alla mia investitura a “santista”, in occasione della latitanza a Reggio Calabria di Franco FREDA, e cioè nei primi mesi dell’anno1979; anzi, fu proprio Franco FREDA a formare questa loggia, uno dei cui principali fini istituzionali era l’eversione dell’ordine democratico.FREDAmi disse che altra loggia analoga era stata costituita nella Città diCatania.Va comunque sottolineato come una struttura di fatto costituita da personaggi eccellenti con la salda intesa di una mutua assistenza esisteva già da prima, e FREDA si limitò a formalizzarla nel contesto di quel più ampio progetto nazionale che alla realtà reggina improvvisamente attribuì un ruolo di ben più ampio significato e spessore.Non bisogna dimenticare che già da tempo esisteva la “Santa”. Le mie conoscenze discendono direttamente da FrancoFREDA, l’organizzatore della loggia, il quale, come ho avuto modo più volte di dichiarare, ha trascorso alcuni mesi di latitanza presso la mia abitazione.Al proposito sono prontissimo a sostenere in qualunque momento un confronto conFrancoFREDA se dovesse fare dichiarazioni difformi alle mie.Devo, peraltro, far presente che le mie conoscenze sul punto discendono anche da altri personaggi della ’Ndrangheta già citati come santisti-massoni. Tra essi Santo ARANITI e da Paolo DESTEFANO. Le competenze della loggia, come detto, si fondavano su di una base eversiva.Ma, prevalentemente, la loggia mirava: ad assicurarsi il controllo di tutte le principali attività economiche – compresi gli appalti – della Provincia di ReggioCalabria; il controllo delle istituzioni a cui capo venivano collocati persone di gradimento e facilmente avvicinabili;
l’aggiustamento di tutti i processi a carico di appartenenti alla struttura; l’eliminazione, anche fisica, di persone “scomode” e non soltanto in ambito locale.In sostanza si era creato un gruppo di potere che gestiva tutto l’andamento della vita pubblica ed economica in sintonia con altri gruppi costituitisi in altre città italiane. Dopo l’arresto diFREDA la loggia continuò ad operare a pieno regime, sotto la direzione di
Paolo DESTEFANO, del cugino Giorgio e dell’avvocato Paolo ROMEO; questi, nella qualità di esponenti di primo piano della ’Ndrangheta in stretto collegamento con i vertici di tutte le istituzioni del capoluogo reggino.“Cosa Nostra” era rappresentata nella loggia da Stefano BONTADE; questo collegamento con i palermitani era necessario perché il progetto massonico non avrebbe avuto modo di svilupparsi in pieno in assenza della “fratellanza” con i vertici della mafia siciliana, ciò conformemente alle regole della massoneria, che tende ad accorpare in sé tutti i centri di potere, di qualunque matrice.Posso affermare con convinzione che a seguito di questo progetto, in Calabria la ’Ndrangheta e la massoneria divennero una “cosa sola”. [19]
L’inquietante realtà descritta dal Barreca ha trovato poi puntuali conferme nelle dichiarazioni di Lauro Giacomo e del Marrapodi Pietro, notaio massone, iscritto alla loggia Bovio e Logoteta, loggia ufficialissima del Grande Oriente d’Italia, e soprattutto decisive convergenze dalle analogie emergenti dal “caso Mandalari” istruito dai magistrati della D.D.A. di Palermo. Secondo Calderone Antonino proprio nel settembre del 1977 nel corso di una riunione della Commissione regionale di “Cosa Nostra” si era proposto di far entrare in logge riservate due esponenti dell’organizzazione per provincia. Accadde poi, riferì ancora Calderone, che si sciolse la famiglia di Catania, e quando il fratello Giuseppe chiese a Bontade quale fosse stato l’esito di quel progetto, ottenne una risposta evasiva.Giuseppe Calderone confidò però al fratello di essere convinto che il progetto fosse stato attuato e che Stefano Bontade e Michele Greco fossero ormai entrati a far parte della massoneria. Peraltro, ha aggiunto Calderone, era notorio all’interno di “Cosa Nostra” che Giacomo Vitale, cognato di Stefano Bontade, fosse massone (v. interrogatorio di Calderone del 25 agosto 1987 reso alG.I. di Palermo e altresì trascrizione, in atti, dell’audizione dello stesso dinanzi la Commissione Parlamentare Antimafia dell’11 novembre 1992 – pagg.294 e segg.) Ancor più analitico è il contributo offerto sul tema da Leonardo Messina, secondo il quale:
“…molti degli uomini di “Cosa Nostra”, cioè quelli che riuscivano a diventare capi, appartenevano alla massoneria… è nella massoneria che si possono avere i contatti con gli imprenditori, con le istituzioni, con gli uomini che amministrano il potere…” e poi, più esplicitamente: “La massoneria è un punto di incontro per tutti” [20]
Particolarmente significative sono al riguardo le dichiarazioni che Spatola Rosario rilasciò al P.M.di Palermo:
“Per quanto mi risulta, esiste un’organizzazione massonica segreta, la quale ha il nome “Iside 1” per Palermo, “Iside 2” per Trapani, “Iside 3” per Agrigento. Venendo ora più in concreto sull’organizzazione delle logge voglio precisare che le logge hanno regole estremamente simili a Cosa Nostra e pertanto tra le due organizzazioni si crea un notevole vincolo e una reciproca disponibilità, cioè una comune fratellanza. Per ciò che concerne “Iside 1”, sono in grado di riferire che Gran Maestro della loggia è MANDALARI, da quel che si dice il commercialista di RIINA.Anche il RIINA fa parte di quella loggia.Anche Stefano BONTADEe Giovanni erano massoni, anche se non so se facevano parte di quella loggia. Per ciò che io so tale “Iside” ha avuto inizio alla fine degli anni ’70” [21].
In definitiva, è ormai dato probatoriamente acquisito che collaboratori calabresi e siciliani, ciascuno con riferimento al rispettivo sodalizio criminale, abbiano delineato in modo esauriente l’esistenza di precisi legami e costanti collegamenti con la fratellanza massonica riservata, finalizzati ad una strategia di progressiva “infiltrazione” del baronato mafioso negli ambienti politici imprenditoriali ed istituzionali del paese. Chiara, limpida, esauriente è questa dichiarazione di Giacomo Lauro:
“non ci sarebbe mai stata una ’Ndrangheta così forte senza la complicità dei politici corrotti e dei professionisti della massoneria” [22].
[illustrazione di Enzo Patti tratta da p.64 di “Osso, Mastrosso e Carcagnosso”, di Vincenzo Macrì, edito da Rubettino]
4) MASSONERIA, ‘NDRANGHETA E FATTI DI CRONACA
Qui di seguito procediamo a fornire un elenco di numerosi articoli di quotidiani nazionali, regionali, provinciali e locali in cui si rendiconta più o meno celermente il documentato rapporto tra massonerie e ‘ndrangheta calabrese. Buona lettura ai più coraggiosi.
– L’alleanza tra ’ndrangheta e massoneria per avvicinarsi al potere: http://www.linkiesta.it/ndrangheta-massoneria-calabria-locri
– Massoneria al voto, con lo spettro della ‘ndrangheta: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/17/massoneria-al-voto-con-lo-spettro-della-ndrangheta/884301/
-‘Ndrangheta e soldi sporchi, il ruolo di Macrì. Il Grande Oriente lo sospende dalla massoneria: http://www.umbria24.it/ndrangheta-e-soldi-sporchi-il-ruolo-di-macri-il-grande-oriente-lo-sospende-dalla-massoneria/53311.html
– Pentito nel processo ai clan, accusa la rete di Scajola: legami tra servizi, ’ndrangheta e massoneria: http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2014/05/15/ARBcb4G-ndrangheta_massoneria_processo.shtml
– Boss, politici e manager massoni Gli Invisibili che comandano a Reggio: http://www.corriere.it/cronache/14_aprile_14/boss-politici-manager-massoni-invisibili-che-comandano-reggio-8d1034b8-c3d6-11e3-a057-b6a9966718ba.shtml
-‘Ndrangheta, Massoneria & Politica: http://www.youreporter.it/video_Ndrangheta_Massoneria_e_Politica_1
– Inchiesta Saggezza : spunta informativa su presunti legami ‘ndrangheta – massoneria – See more at: http://www.larivieraonline.com/inchiesta-saggezza-spunta-informativa-su-presunti-legami-ndrangheta-massoneria#sthash.DXH9TIwB.dpuf
– CALABRIA: ‘NDRANGHETA E MASSONERIA: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/08/calabria-ndrangheta-e-massoneria.html
– ‘Ndrangheta e massoneria alla conquista degli appalti della Regione Lazio: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-05-23/ndrangheta-massoneria-conquista-appalti-144709.shtml?uuid=AbJbTXyH
-Ndrangheta: Boccassini, omertà resta, riti tra religione e massoneria: http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2014/11/18/ndrangheta-boccassini-omerta-resta-riti-tra-religione-massoneria_motBrn5qECP8VS8WDl73BN.html
-Sospesa per mafia la loggia massonica di Gerace. I “fratelli” si riunivano al tempio di Siderno: http://www.ilquotidianoweb.it/news/cronache/719299/Sospesa-per-mafia-la-loggia-massonica.html
-Affari della loggia in enti pubblici e Questure Gli impegni della massoneria legata alle ‘ndrine: http://www.ilquotidianoweb.it/news/Il%20Quotidiano%20della%20Calabria/353611/Affari-della-loggia-in-enti-pubblici-e-Questure–Gli-impegni-della-massoneria-legata-alle–ndrine.html
-Appalti, massoneria, ‘ndrine: blitz in 5 regioni contro affari e legami del clan Mancuso: http://www.ilquotidianoweb.it/news/Il%20Quotidiano%20della%20Calabria/353219/Appalti-massoneria–ndrine-blitz-in-5-regioni–contro-affari-e-legami-del-clan-Mancuso-.html
-Patto massoneria – ‘ndrangheta: la cosca spingeva per le nomine negli enti: http://www.huffingtonpost.it/2012/10/31/massoneria-ndrangheta-nomine_n_2050040.html
-Il boss Mancuso: “La ‘ndrangheta non esiste più. E’ massoneria”: http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/boss-mancuso-ndrangheta-non-esiste-massoneria-1496464/
-Forgione: massoneria e ‘ndrangheta nella politica calabrese: http://archivio.panorama.it/italia/Forgione-massoneria-e-ndrangheta-nella-politica-calabrese
CONCLUSIONI
Innanzi tutto chiediamo umilmente perdono allo sventurato lettore che, imbattutosi in codesto scritto, si sia voluto sorbire tutto questo noioso e prolisso rendiconto di alcuni dei pochi rapporti, documentati, intercorsi tra massoneria italica e ‘ndrine calabresi. Va chiarito, però, che per motivi di tempo e per questioni tecniche, alcuni interessanti argomenti inerenti al tema non sono potuti esser qui trattati. Mi riferisco in particolare alle scandalose vicende vissute dal massone notaio pentito Marrapodi, oppure alla loggia di Gerace sciolta dal Grande Oriente d’Italia per infiltrazioni mafiose. Forse tali questioni verranno affrontate in futuri scritti pubblicati dai magnanimi tipi di Radio Spada. Veniamo a concludere tirando le dovute somme. Questo scritto è stato principalmente pubblicato per un motivo: certificare in modo oggettivo l’esistenza probatoria di fecondi e fruttuosi rapporti tra massoni e ‘ndranghetisti. Tali rapporti sono documentati incontrovertibilmente, sono certi, sono continuativi e acclarati.
Altresì tale scritto si proponeva di comprendere e spiegare la dimostrabile presenza di sincretistici segmenti rituali acquisiti dalla cosche calabresi per mezzo della strutturazione del grado di santista, gerarchicamente superiore e indipendente, al quale era concesso affiliarsi alla massoneria. Tale oggettività cozza profondamente con le dichiarazioni rilasciate, per esempio, da Claudio Bonvecchio, Grande Oratore del Grande Oriente d’Italia e uomo di spicco dell’establishment culturale e propagandistico della maggior setta massonica italica [23]. Costui affermò che “il GOI non ha nulla a che fare con nessuna organizzazione criminale… […]…può darsi che ci siano state collusioni ma non con il GOI, bensì con altre massonerie…”. Tutto ciò dichiarato dal Bonvecchio è palesemente falso e contro argomentabile per filo e per segno. Tutti i massoni di cui s’è trattato sopra erano iniziati a logge ufficiali del Grande Oriente d’Italia, nessuna loggia “deviata” ma tutte regolarmente riconosciute dal Goi.
Ciò non toglie che alcune inchieste hanno riguardato anche altre obbedienze massoniche. Il Bonvecchio nega l’evidenza rispettando il giuramento settario di segreto di cui ogni massone è protagonista durante il rito d’iniziazione alla fratellanza. Tutti i signori sopra citati, sia che si tratti di magistrati sia che si tratti di collaboratori di giustizia, sono concordi nell’affermare una questione certa: la ‘ndrangheta che conosciamo oggi, quella presente in 5 continenti, quella infiltrata in ogni grado delle gerarchie istituzionali, quella “legalizzata”, non sarebbe tale se non per il supporto di logge massoniche. La setta ammorba nel peggior modo: internazionalizza, globalizza, depenalizza, tutto infetta e nulla risparmia: quello scritto qui è una goccia del mare, un granello della spiaggia, una sola cellula dell’intero tumore che attacca la Civiltà Cristiana.
CONCLUDO DEFINITIVAMENTE RIPORTANDO LA CONDANNA CHE PAPA CLEMENTE XII POSE ALLA SETTA DEI MASSONI NELL’ENCICLICA “IN EMINENTI” NEL 1738:
“…decretiamo doversi condannare e proibire, come con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo, condanniamo e proibiamo le predette Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con qualunque altro nome chiamate…”