La Massoneria chiede a gran voce l’eutanasia

La Massoneria chiede a gran voce l’eutanasia

-di Davide Consonni-

Il Grande Oriente d’Italia, solfureo alfiere dell’anticlericalismo italico, vuole l’eutanasia e la vuole presto. Dal nord europa giungono dati agghiaccianti in merito ai suicidi assistiti, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Però i massoni nostrani, che da metà ottocento brigano per far leggi che negano ogni principio naturale ancorché cristiano, gridano a gran voce che l’eutanasia è il degno epilogo di una vita fatta di scelte difficili. A maggio 2016 hanno organizzato un convegno intitolato “Vivere o morire con dignità” tra i cui relatori compariva Mina Welby, tale convegno si tenne anche a novembre 2015 e radio-radicale pubblicò la registrazione, QUI per ascoltarla. Sempre a maggio 2016 l’Erasmo Edizioni ha pubblicato l’ultimo numero di Hiram, periodico ufficiale dell’obbedienza GOI, in cui compariva un illustre apologia del suicidio assistito, titolato “Massoneria ed eutanasia“ [pag. 4], consta in un lungo intervento tenuto dall’ex Gran Maestro Raffi durante il convegno “Eutanasia – Massoneria: ogni essere umano possa restare padrone della sua vita e della sua morte”, tenutosi in data 14 aprile 2007 a Rimini,  di seguito alcuni stralci:

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La mia considerazione personale – probabilmente non condivisa dai più – è che prolungare la vita, in presenza di malattie terminali,senza più alcuna aspettativa e speranza, porti solo ad allungare l’agonia ed una mera sopravvivenza. A mio sommesso avviso, è ora di considerare seriamente l’eutanasia volontaria per esplicita richiesta del paziente. Bisogna ricordarsi innanzitutto di valutare la personalità del paziente e la sua volontà. Per parte mia, ritengo che l’eutanasia attiva, pur se dolorosa per la famiglia e per il medico che la va a praticare,sia una scelta accettabile, in presenza di una certa e ferrea volontà, per evitare il prolungamento di sofferenze inutili e lesive della dignità del paziente, dovendosi invero vivere con dignità e con pari dignità morire. Ritengo contestabile il mero accanimento terapeutico, quale vuota ed inutile ostinazione a proseguire le terapie, quando siano gravose per il malato e non migliorino la sua condizione terminale. Gustavo Raffi ha rimarcato «la necessità di rispettare la volontà del malato contro ogni possibile accanimento terapeutico per preservare la dignità della persona anche nei momenti estremi della vita» Il tema dell’eutanasia inoltre è stato spesso ricorrente negli interventi del Gran Maestro Gustavo Raffi,tanto da ritrovarlo come tema centrale in un incontro-dibattito dal titolo: “Eutanasia – Massoneria: ogni essere umano possarestare padrone dellasua vita e dellasua morte”, tenutosi in data 14 aprile 2007, a Rimini. Nell’allocuzione dell’allora Gran Maestro,si afferma:«Vorremmo che ogni essere umano date certe condizioni ben definibili sul piano scientifico e deontologico, possa restare padrone della sua vita e della sua morte e non giacere come un prigioniero incatenato ad un corpo che è divenuto per lui solo una prigione inaccettabile»; e così continua: «I Massoni non hanno timore di interrogarsi sul tema del dolore e della morte,ma anche di porsi qualche interrogativo nel merito sulla questione del diritto di concludere con dignità il cammino dell’esistenza. La vita è certamente un dono, e rispettiamo coloro che ritengono inaccettabile abbandonarla anzi tempo anche se posti nelle peggiori condizioni. Si tratta di una convinzione che fonda le sue ragioni in motivazioni profonde e serissime, ma tale convinzione dovrebbe legittimamente determinare le scelte di coloro che la professano, e non ricadere come un diktat valido per tutti». Nella mia veste sia di massone che di medico, ritengo che ognuno di noi debba poter avere fin da oggi quanto meno la certezza che, quando ormai sarà incosciente, sarà comunque rispettata la sua volontà di vivere dignitosamente e di non dovere subire una dolorosa vita di mera sopravvivenza. Ritengo che il miglior comportamento professionale del Medico sia quello di attenersi in primo luogo, oltre alle classiche regole del buon padre di famiglia e dell’uomo libero e di buoni costumi, al rispetto massimo per il Paziente, alla tutela della sua salute e della sua riservatezza, al conforto umano, alla salvaguardia e difesa della dignità, alla guida nella ricerca della via per la guarigione, quando possibile. Nella mia posizione di medico nella vita profana, devo perseguire la vita del malato e non la sua morte. L’eutanasia resta un problema giuridico ed etico. Auspico che si definiscano per legge tutte le situazioni in cui si possa accedere all’eutanasia, nel pieno rispetto della dignità dell’uomo e del suo diritto ad una morte dignitosa. Dovrebbe in ogni caso comprendersi e tutelarsi il medico che, di fronte al pietoso caso concreto, abbia staccato la spina. Come si può evincere dalle letture, dalle prese di posizione di tutte le religioni e della Massoneria,vi è un secco no all’eutanasia quando involga un mero omicidio ma vi è piena adesione al ri- fiuto dell’accanimento terapeutico. Persiste comunque (e questo è il vero fulcro della problematica) una zona oscura – di limite e disoglia –in cui le dottrine sono contrastanti ed il confine tra l’eutanasia attiva (negata) ed il rifiuto dell’accanimento terapeutico (accettato) è molto sfumato. È in questo ambito che, con il superiore aiuto della medicina, dovrà tendersi nel nostro paese ad una legislazione più attenta e più rappresentativa del comune sentire,che è in continua evoluzione, con la modifica dei costumi e della società”.

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