Dell’omicidio rituale ebraico di un bambino bergamasco
-In memoria di Sebastiano Novello-
Il 6 luglio 1480 venivano giustiziati a Venezia tre giudei, accusati di avere commesso un infanticidio rituale nei giorni della Pasqua per procacciarsi del sangue di un bambino cristiano, necessario per compiere i riti pasquali. In piazza San Marco, tra le due colonne di San Marco e San Todaro, Servadio da Colonia prestatore di denaro a Portobuffolè, Mosè da Treviso e Giacobbe da Colonia [1], rei confessi, erano arsi vivi pubblicamente.
«In Piazza di San Marco in ognimano / piena d’innumerabili persone, / per veder arder quel temario insano, / che confirmando la sua confessione / brusoron vivi nell’Ebraico errore, / del battesimo sprezzando l’oblazione» [2]
Un altro degli imputati, Giacobbe «de la barba» o «barbato» da Verona, si era suicidato in carcere per evitare il supplizio. Altri ebrei, di Portobuffolè e di Treviso, erano condannati a varie pene detentive per complicità nel delitto e di seguito banditi da Venezia e dal suo territorio. Processati e condannati dinanzi al podestà di Portobuffolè, il veneziano Andrea Dolfin, gli imputati avevano fatto ricorso all’Avogaria di Comun, ma nonostante fossero stati difesi da alcuni dei migliori avvocati di Padova, la loro condanna era stata confermata[3]. Secondo l’accusa un infante di circa sei anni originario di Seriate in quel di Bergamo (soprannominato i seguito Sebastiano Novello), era stato rapito dal mercato di Treviso da due giudei che lo avrebbero condotto nella vicina Portobuffolè sul fiume Livenza. Qui, nell’abitazione del prestatore di denaro locale Servadio, che era anche il mandante del rapimento, sarebbe stato commesso l’efferato delitto a scopo rituale, alla presenza e con la partecipazione attiva di altri ebrei del luogo e forestieri. Una volta prelevato il sangue, il corpo della vittima era stato combusto nel forno della casa di Mosè da Treviso, anch’egli prestatore di denaro a Portobuffolè [4fonte].
NOTE e fonte:
[1] Giacobbe da Colonia era stato arrestato con l’accusa di avere rapito il bambino mentre si trovava a Treviso, dove aveva fatto tappa provenendo da Piove di Sacco e diretto a Portobuffolè. Egli è da identificarsi con quel Yaakov b. Shimon Levi, che compare in documenti ebraici del periodo (cfr. D. Nissim, Famiglie Rapa e Rapaport nell ‘Italia settentrionale, sec. XV-XVI. Con un’appendice sull’origine della Miscellanea Rothschild, in A. Piattelli e M. Silvera, a cura di, Minhat Yehuda, Saggi sull’ebraismo italiano in memoria di Yehudà Nello Pavoncella , Roma, 2001, p. 188).
[2] Giorgio Sommariva da Verona, Martyrium Sebastiani Novelli trucidati a perfidis Judaeis, Treviso, Bernardino Celario de Luere, 12 maggio 1480
[3] Sull’infanticidio rituale di Portobuffolè vedi in particolare la documentata monografia di S.G. Radzik, Portobuffolè, Firenze, 1984. Sull’argomento vedi l’importante raccolta di testi in [Benedetto Bonelli], Dissertazione apologetica sul martirio del beato Simone da Trento nell’ anno MCCCCLXXV dagli ebrei ucciso, Trento, Gianbattista Parone, 1747, pp. 272-282, e inoltre A. Ciscato, Gli ebrei a Padova (1300-1800), Padova, 1901, pp. 136-137; B. Pullan, Richand Poor in Renaissanc e Venice, Oxford, 1971, pp. 458-460; A. Esposito e D. Quaglioni, Processi contro gli ebrei di Trento, 1475-1478. I: I processi del 1475, Padova, 1990, pp. 86-89.
[4] Fonte: ”Pasque di Sangue”, Ariel Toaff, Mulino, 2007, pp. 54-55.